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H C-B Immagini e parole

Gli occhi azzurri di Henri Cartier-Bresson si sono posati sul secolo scorso. E ci hanno regalato tra le immagini più iconiche del ventesimo secolo, piene di contrasti e bellezze.
Ogni scatto è importante, ogni immagine rivelatrice, degna di nota, incredibilmente affascinante e costruita come se avesse un compasso dietro la retina di quegli occhi azzurri. Occhi blu e longevità (è morto nel 2004, all’età di 95 anni): la fotografia fa bene al cuore e alla mente.
Il “nome” della fotografia, ormai assunto a “nume” tutelare della stessa: Henri Cartier-Bresson è stato un indiscusso protagonista del passato secolo. 

Profeta dell’attimo decisivo, il tempo e lo spazio, nelle sue immagini, acquisiscono profondità e significato. Difficile non rimanere colpito da una sua fotografia.

In questi giorni, fino al 6 maggio, potrete vedere 44 immagini dell’autore a Palazzo Incontro, in via dei Prefetti presso la libreria Fandango, al costo di 6 euro (4 ridotto).  Promosso dalla Provincia di Roma nell’ambito del Progetto ABC Arte Bellezza Cultura, è organizzata da Contrasto, Magnum Photos e Fondation Cartier-Bresson in collaborazione con Civita.

La mostra Henri Cartier-Bresson, Immagini e Parole raccoglie 44 immagini, ognuna corredata da uno o due commenti di un esponente della cultura, raccolti dalla Contrasto poi in un catalogo da non perdere. C’è chi scrive della foto, chi la descrive, chi ancora ne tira fuori una storia personale. Agnes Varda, John Szarkowski, Beaumont Newall, Manuel Alvarez Bravo, e ancora Cioran, Jean Clair, Doisneau, Giacomelli, Baudrillard, Scianna, Jarmush, Matta,  Kundera, Baricco, Steinberg, Gombrich: ce n’è per tutti i gusti, dagli artisti ai filosofi, dai registi agli scrittori fino ai colleghi di Bresson, tutte e 44 le immagini riportano un contributo (più o meno) all’altezza dell’immagine scelta.  

Personalmente ho giocato con le immagini come con gli autori dei contributi: chi era? Come si chiamava? Lo conosco? A volte ho persino amato più il commento della foto (come il commento di Varda alla foto scattata in Messico nel 1956, con la bambina che porta il quadro di donna).

Andate e non vi pentirete, che amiate o meno Bresson: perché si puo’ anche non amare, Henri Cartier-Bresson, dal momento in cui non c’è più quel mondo e lui è l’icona storicizzata da abbattere (francamente lo trovo riduttivo, ma vivo e lascio vivere). La geometria e la luce, i volti e le folle; l’immaginario visivo di Bresson prende un’ampia gamma di soggetti e racconti, e come dice Jim Jarmush, a proposito della foto da lui commentata: “(…) Una immagine unica, statica, diventa il frammento rivelatore di una storia; qualche cosa di ampio e di mobile, un ricordo che dà inizio a un’intera sceneggiatura. Il linguaggio è superfluo”.

Beaumont Newhall: “E’ più di mezzo secolo che sono abbagliato dalla fotografia di Henri Cartier-Bresson. Quasi ogni sua foto che conosco è un’esperienza visiva. Attraverso il suo obbiettivo, riesce a cogliere la frazione di secondo in cui il soggetto è rivelato nel suo aspetto più significante e nella sua forma più evocatrice”. A parte il mezzo secolo di vita che non ho, concordo in pieno.
E ancora, Robert Delpire:Cartier-Bresson è l’argento vivo della coscienza”.
E via così, ma per gli altri contributi andate a visitare la mostra: un tributo in grande stile per l’occhio della fotografia più famoso della storia. 

approfondimenti

Fandango Incontro – fandangoincontro.it

Scrive di cinema, arte contemporanea e fotografia, ama il design e la storia, la filosofia e la politica. Dai film di Quentin Tarantino alle poesie di Doroty Parker, dai fumetti di Neil Gaiman ai libri di Umberto Eco, dalle opere di Damien Hirst alle analisi di Susan Sontag, ama contemporaneamente il passato e il futuro, mescolare l’alto col basso e divertendosi nel farlo. Ha capito due cose: quello che ricerca è il multiforme, e i “confini” non sono inviolabili.

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